giovedì 20 maggio 2010

Meglio amici che nemici


Il sottosegretario all’Interno Mantovano, ex magistrato ed esponente di questo governo che poi era lo stesso del 2001 cioè quello che “gestiva” la prefettura e la questura a Genova durante il G8, in merito alla sentenza di secondo grado sulla macelleria messicana della Diaz si è dimostrato contrariato. 
La Corte d'Appello ha ribaltato la prima sentenza, condannando in modo più pesante i poliziotti ed i dirigenti che fecero irruzione alla Diaz, torturando ed inquinando le prove.
Ci penserà la Cassazione a rimettere le cose in chiaro, ha aggiunto Mantovano.
Quella sessantina di comunisti e no global pieni di piercing e pure puzzolenti, che hanno rotto i coglioni per due giorni nella ridente cittadina ligure, in preda chissà a quali fumi, si sono fatti male da soli.
Alcuni si sono impigliati mentre correvano felici con gli anelletti e le catenelle di cui amano adornarsi, nei chiodi appesi alle pareti provocandosi lacerazioni varie, altri scivolando come improbabili sciatori sul pavimento in un infantile competizione, hanno battuto violentemente la testa contro i termosifoni causandosi vistosi ematomi e traumi vari. I poliziotti che Noi avevamo prontamente inviato li hanno velocemente e gentilmente accuditi e curati.
Ai nostri solerti funzionari, responsabili e dediti ai loro compiti di sicurezza, deve essere resa giustizia. Intanto nessuna sospensione per loro, perché visto che hanno così bene obbedito agli ordini ricevuti, sempre meglio averli sempre a nostra disposizione

mercoledì 19 maggio 2010

Mafiosi come Lombardo...

"Se Lombardo è mafioso, lo sono anch'io!". E' la scritta esibita dal presidente della Provincia di Agrigento Eugenio D'Orsi (Mpa) per solidarizzare con il governatore Raffaele Lombardo, coinvolto nell'inchiesta su mafia e politica che sta conducendo la procura della Repubblica di Catania. Il singolare "strip-tease" è avvenuto nell'ufficio della Presidenza della Provincia.

Foto di Fabio Russello
da Repubblica.it

martedì 11 maggio 2010

Mafia e politica: indagato anche assessore regionale Strano

Da Antimafiaduemila.com

11 maggio 2010 Catania
C'è anche l'assessore al Turismo della Regione Siciliana, Nino Strano, tra gli indagati dell'inchiesta scaturita dalle indagini del Ros di Catania su presunti rapporti tra mafia e politica.
L'indiscrezione, riportata dal Corriere della Sera, è confermata in maniera informale da più fonti che sottolineano però come la sua posizione non sia stata ancora vagliata dai magistrati che stanno compiendo accertamenti e verifiche sul rapporto di 5mila pagine dei carabinieri. Nell'inchiesta è già emerso che sono indagati per concorso esterno all'associazione mafiosa il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo, parlamentare nazionale del Mpa. Nei confronti di quest'ultimo sono in corso anche accertamenti su un presunto 'pestaggiò che avrebbe subito nel 2009 ma mai denunciato. Nel fascicolo aperto della Procura di Catania sono coinvolti anche due deputati regionali: Fausto Fagone dell'Udc e Giovanni Cristaudo del Pdl-Sicilia. Di Nino Strano, ex deputato di An confluito nel Pdl, e considerato un 'finianò, le cronache parlamentari si sono occupate anche per avere festeggiato, il 24 gennaio del 2008, la caduta del governo Prodi mangiando mortadella nell'aula del Senato mentre il suo collega Domenico Gramazio stappava una bottiglia di spumante. In passato è stato anche assessore regionale al Turismo e lo stesso incarico ha avuto al Comune di Catania. Con la giunta dell'allora sindaco Umberto Scapagnini è stato condannato a 2 anni 2 mesi di reclusione per violazione della legge elettorale per contributi previdenziali concessi dall'amministrazione ai suoi dipendenti per i danni da 'cenere nerà dell'Etna tre giorni prima delle elezioni comunali del 2005. Sempre con l'ex Giunta Scapagnini è stato rinviato a giudizio per falso ideologico nell'inchiesta sul 'buco in bilanciò al Comune.

ANSA

lunedì 12 aprile 2010

Cure negate senza tessera sanitaria muore a 13 mesi bimba nigeriana


da: Repubblica.it


Il documento e le cure negate a una piccola nigeriana perché il padre non aveva più il lavoro. Il caso all’Uboldo di Cernusco: la Procura apre un’inchiesta. 

E in duecento sfilano nelle vie di Carugate per protesta



Rifiutata dall’ospedale perché le era scaduta la tessera sanitaria, una bambina nigeriana di 13 mesi muore poche ore dopo. Il padre, in regola con il permesso di soggiorno, aveva appena perso il lavoro e non poteva rinnovare il documento che forse avrebbe strappato la piccola alla morte. «Uccisa dalla burocrazia», dicono gli amici della coppia, che ieri pomeriggio in 200 hanno sfilato per le vie di Carugate, hinterland di Milano, dove la famiglia vive. «I medici avrebbero potuto salvarla se non si fosse perso tutto quel tempo e se le cure fossero state adeguate. Se fosse stata italiana questo non sarebbe successo» (...)

lunedì 29 marzo 2010

Indagato per concorso esterno in associazione mafiosa Raffaele Lombardo

di FRANCESCO VIVIANO E ALESSANDRA ZINITI (www.repubblica.it)


Il Governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo sono indagati a Catania con l’accusa di “concorso esterno in associazione mafiosa”.
Indagato anche l’udc Fagone. La decisione è stata presa dalla procura etnea sulla base di un corposo rapporto di tremila pagine confezionato dai Carabinieri del Ros. 
Il dossier, all’esame del Procuratore della Repubblica, Salvatore D’Agata, fa riferimento alle relazioni tra il Governatore e il fratello, deputato nazionale, con alcuni boss.
Nel faldone top secret, spiccano le rivelazioni di un pentito e le intercettazioni telefoniche e ambientali che documenterebbero i contatti tra il capo assoluto della mafia catanese, Vincenzo Aiello, e i fratelli Lombardo. 
Con loro sono indagati anche un deputato regionale dell’Udc, Fausto Fagone, il sindaco di Palagonia, altri sindaci di comuni catanesi, numerosi amministratori comunali e provinciali, che sarebbero stati eletti grazie al “massiccio” appoggio ed “impegno” delle cosche mafiose del clan storico di Cosa nostra che faceva capo a Nitto Santapaola e che ora è capitanato da Vincenzo Aiello. 
Quest’ultimo è stato arrestato qualche mese fa durante un summit in cui si discuteva se aprire o meno una guerra contro le bande criminali catanesi, degli appalti da gestire e di come “comunicare” con il Presidente della Regione, Raffaele Lombardo che – una volta eletto a capo del Governo Siciliano – aveva eretto una vera e propria barriera per evitare intercettazioni telefoniche e “contatti” compromettenti. 
Accorgimenti che non hanno impedito agli investigatori del Ros di ricostruire, in due anni di indagini, le relazioni tra i fratelli Lombardo con i boss di Catania, in particolare con Vincenzo Aiello, “capo Provincia” di Cosa nostra, ed altri esponenti della malavita che durante il periodo elettorale si erano trasformati in “galoppini” raccogliendo, con le buone o con le cattive, migliaia di voti per fare eleggere Raffaele ed Angelo Lombardo, ed altri esponenti politici segnalati alle cosche mafiose.
 “Raffaele ha creato un circuito chiuso” diceva Vincenzo Aiello ai suoi uomini e alla persona (identificata ed indagata) che faceva da “corriere” tra Lombardo ed il capomafia riferendo soltanto “a voce”. Nelle conversazioni intercettate dai carabinieri del Ros anche le “critiche” che il capomafia faceva a Raffaele Lombardo, per avere voluto nella sua giunta, magistrati-assessori, Massimo Russo, ex magistrato antimafia a capo dell’assessorato alla Sanità, Giovanni Ilarda, ex assessore alla Presidenza della Regione e Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione di Palermo, ucciso dalla mafia con un’autobomba nel 1983. 
Raffaele ha fatto una “minchiata” a fare questi magistrati assessori, perché questi, anche se lui è convinto che lo faranno, non potranno proteggerlo” commentava il boss Vincenzo Aiello parlando con i suoi “picciotti” e riferendosi al fatto che proprio in quei giorni un alto funzionario della Regione Siciliana era stato indagato per l’appalto relativo all’informatizzazione della Regione.
Agli atti dell’inchiesta, coordinata direttamente dal Procuratore D’Agata ed affidata al procuratore aggiunto Gennaro e ad altri quattro sostituti, ci sono ore ed ore di intercettazioni telefoniche ed ambientali che inguaiano il fratello del Presidente ed il suo autista “personale”. 
Quest’ultimo, secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros, teneva i rapporti (”da vicino e mai al telefono”) con i boss e gli altri esponenti delle famiglie mafiose. La sua automobile era stata imbottita anche di microspie, ma l’autista, le aveva scoperte e in automobile non parlava più.
 Un’altra parte dell’inchiesta, molto corposa, riguarda gli “affari” dei fratelli Lombardo e di esponenti politici e funzionari regionali a loro legati che hanno sostituito i burocrati fedeli all’ex presidente della Regione, Salvatore Cuffaro (anche lui indagato, processato e condannato per favoreggiamento a Cosa Nostra), che controllano ormai tutti i punti vitali della spesa pubblica siciliana, dalla Sanità ai finanziamenti europei, alla formazione professionale, al grande business dell’energia alternativa, fino alla gestione dei rifiuti. L’inchiesta è ormai conclusa, i fratelli Lombardo rischiano la richiesta di arresto. Raffaele, anche se presidente della Regione, non gode dell’immunità parlamentare, per il fratello Angelo, invece, sarebbe necessaria l’autorizzazione della Camera dei deputati.

Chi è Raffaele Lombardo

Eletto nell’aprile 2008 alla presidenza della Regione siciliana con il 66% delle preferenze, Raffaele Lombardo – che risulta indagato a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa – un anno dopo ha aperto una crisi che ha rimescolato la maggioranza, creando una frattura nel Pdl, che all’Ars si è diviso in due gruppi parlamentari, i cosiddetti “lealisti”, passati all’opposizione insieme all’Udc, e l’area che fa capo al sottosegretario Gianfranco Micciché, sostenitore del governatore, con il quale divide il progetto di un Partito del Sud.
Il rimescolamento ha portato anche il Pd a sostenere la giunta Lombardo, di cui fanno parte due magistrati, l’ex segretario dell’Anm di Palermo e pm della Dda, Massimo Russo, e Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, il giudice istruttore ucciso dalla mafia nell’83.
Lombardo – 59 anni, psichiatra, un passato nella Dc e poi nell’Udc – nel 2005 lasciò il partito di Casini per fondare il Movimento per l’autonomia, che esordì nello stesso anno alle amministrative di Catania, rivelandosi una forza determinante per la rielezione a sindaco di Umberto Scapagnini (FI). A palazzo d’Orleans ha sostituito un suo vecchio amico e compagno di partito, Salvatore Cuffaro, oggi senatore dell’Udc, che al secondo mandato era stato costretto a dimettersi dopo una condanna per aver favorito uomini di Cosa nostra. Ma i rapporti con Cuffaro, che aveva sostenuto la candidatura di Lombardo, sono presto precipitati: il governatore, oltre ad estromettere dalla maggioranza l’Udc, ha subito fatto piazza pulita di manager e burocrati regionali legati al suo predecessore. Convinto assertore del modello federalista, negli ultimi mesi Lombardo ha accelerato sulla costituzione del Partito del Sud e ha cominciato a prendere le distanze dal Pdl, spingendosi ad affermare che l’era di Berlusconi era agli sgoccioli.
Vicesindaco di Catania dal ‘99 al 2003, presidente della Provincia dal 2003 al 2008, due legislature a Strasburgo a partire dal ‘99, Lombardo fu eletto per la prima volta all’Assemblea regionale siciliana nell’86, nella lista della Dc. Nel ‘92, quando era assessore regionale agli Enti locali,
locali, fu arrestato con l’accusa di abuso d’ufficio per una vicenda legata a un concorso all’Asl di Catania. Condannato, fu assolto in appello. Nel ‘94 fu arrestato di nuovo nell’ambito di un’inchiesta su un appalto all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, che coinvolgeva l’azienda dell’ex presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini. Accusato, con altri politici, di aver intascato una tangente, il reato fu derubricato a finanziamento illecito ai partiti e prescritto. Per la ingiusta detenzione, Lombardo ricevette un indennizzo.

mercoledì 24 marzo 2010

Licenziata dall'Agenzia delle Entrate per dei commenti scritti su Uguale per Tutti



La dott.ssa Rosa Grazia Arcifa (nella foto qui a destra), funzionario dell’Agenzia delle Entrate, in servizio a Pavia, è stata licenziata “senza preavviso” per dei commenti scritti sul nostro blog ritenuti “altamente lesivi dell’immagine e della professionalità dell’Agenzia delle Entrate, dei suoi addetti, nonché del sistema fiscale del nostro Paese”.

A questo link un articolo di stampa che riferisce il fatto.

A questo link il provvedimento con il quale è stato disposto il licenziamento.

A questo link una interrogazione parlamentare con risposta scritta su questa vicenda.

Bisogna riflettere molto sulla condizione di un Paese nel quale le più alte cariche dello Stato insultano abitualmente e senza ritegno, in piazza, in televisione e sui giornali, interi apparati dello Stato e singoli specifici funzionari (gli ultimi in ordine di tempo sono il Presidente del Consiglio che dà degli eversori ai magistrati e il Presidente dei Senatori della maggioranza che dà del bugiardo e dell'alcolizzato al Questore di Roma) e un impiegato viene licenziato senza preavviso per i commenti fatti su un blog.

Evidentemente ormai anche l'onore e la dignità non sono uguali per tutti.

martedì 23 marzo 2010

25 Marzo ore 21:00 No al Bavaglio.

Contrada: Pg nisseno, inammissibile revisione del processo

(ANSA)- CALTANISSETTA,23 MAR- Inammissibilita' della richiesta di revisione del processo in cui Bruno Contrada e' stato condannato a 10 anni.E' la richiesta del Pg. Le richieste del Pg sono state fatte alla Corte d'appello di Caltanissetta in opposizione alle istanze dei difensori dell'ex 007 poiche' 'ogni elemento del processo' e' stato 'analiticamente valutato e passato al microscopio' e che 'i nuovi elementi citati dalla difesa non sono affatto nuovi ma ampiamente conosciuti e valutati nel corso dei dibattimenti'.

Rosanna Scopelliti: ''Dopo funerali su mio padre silenzio''


22 marzo 2010
''Dal funerale di mio padre, del delitto Scopelliti nessuno ha più parlato".



 E' la denuncia di Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato di Cassazione assassinato a colpi di lupara in Calabria il 9 agosto 1991.
Dopo una serie di processi, con condanne ed assoluzioni, nel 2001, la corte d' assise d'appello di Reggio Calabria ha assolto Bernardo Provenzano, Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffré e Benenetto Santapaola dall'accusa di essere stati i mandanti. L'omicidio Scopelliti rimane quindi impunito.

"Quel giorno - dice Rosanna Scopelliti, che presiede una fondazione intitolata al padre, in un'intervista a 'La bellezza contro le mafie' su Radio 1 Rai - stava tornando a casa dal mare, ed è stato ammazzato con due colpi di fucile a canne mozze. Da quel giorno e dai funerali celebrati a quasi 24 ore dalla mcon tutte le Alte cariche dello Stato, è calato il silenzio.

Da ferragosto 1991 in poi il delitto Scopelliti è stato completamente dimenticato. Io e mia madre siamo rimaste nella solitudine, e la stessa solitudine c'é stata anche dopo, con il passare degli anni. Anche quando sono arrivate le sentenze, soprattutto quelle vergognose con le assoluzioni dei mandanti e degli esecutori dell'assassinio di mio padre.

A me e a mia madre quel silenzio ha fatto male. Non è pensabile che familiari di vittime di mafia, familiari di servitori dello Stato, vengano lasciati completamente soli, senza verità e senza giustizia". Rosanna Scopelliti conclude: "Non chiedo giustizia solo per mio padre, ma per tutte le vittime di mafia, per tutte quelle persone che sono state uccise per il loro lavoro, perché hanno avuto il coraggio di denunciare. La mia è una lotta di solidarietà, che combatto per gli ideali di mio padre: la verità e la giustizia. Sapere chi lo ha ucciso per me è importante, ma credo che lo sia ancora di più per lo Stato: perché per avere la fiducia dei cittadini deve essere capace di garantire per i propri martiri giustizia e verità".




fonte: www.antimafiaduemila.com 

I dogmi dell'amore.




La mancanza di fantasia è l’ennesimo segnale che il 70enne è arrivato alla frutta; nemmeno la demenza senile gli viene in soccorso a rendere il discorso più originale di quel noioso loop di dichiarazioni che ci tormentano in modo sempre più ossessivo, soprattutto negli ultimi mesi, e che sabato da piazza San Giovanni ha raggiunto il suo apice. Nonostante questo i fedeli non mancano, perché ormai, se si vogliono prendere sul serio queste parole strampalate, bisogna sostituire la ragione con la fede. Giusto per rimanere seri. Bisogna credere che le parole dette e le domande fatte da quel palco bianco a Roma siano dogmi e in quanto tali contengono già le risposte a qualsiasi domanda, sono soluzioni a priori.

Se poi qualche eretico si mettesse in testa la malsana idea di considerare razionalmente alcuni dei dogmi posti sotto forma di domande retoriche fatte alla piazza di adepti, allora il rischio che la religiosa atmosfera si trasformi in ridicolaggine è molto alto.

Passiamo allora in rassegna i dogmi “negativi” in quanto gli adepti rispongono con un lungo e urlato NO:
Volete che ritorni al governo questa sinistra che rintrodurrebbe subito l’Ici?”
[Possiamo solamente immaginare quanto girino le palle a Bossi e compagni padani quando si tira fuori il tema Ici, tassa perfettamente “federalista”, abolita dal 70enne. E’ inoltre noto ai più come all’eliminazione dell’Ici sia corrisposto un aumento direttamente proporzionale (nei casi migliori) delle addizionali IRPEF.ndr]
Volete lo stato di polizia tributaria che verrebbe fuori da questa situazione e che è lo stato che vuole la sinistra?”
[Beh questa frase, detta da un uomo di destra, lascia alquanto interdetti. Se poi quest’uomo è anche un noto evasore fiscale allora è come se il ladro tentasse di convincervi della pericolosità delle forze dell’ordine. ndr]
“Volete le intercettazioni a tappeto su tutto e su tutti? Cioè volete essere spiati anche a casa vostra?”
[Uno che ha costruito la propria campagna elettorale del 2008 puntando esclusivamente sulla sicurezza dei cittadini, dovrebbe auspicare l’uso delle intercettazioni affinché si scovino i delinquenti più facilmente e velocemente possibile, ottenendo così la tanto agognata sicurezza. Salvo poi essere lui scoperto delinquente tramite l’uso di intercettazioni, dimostrando quindi la bontà del mezzo. ndr]

Seguono ora i dogmi “positivi” in quanto gli adepti rispongono con un lungo e urlato SI:
Volete una sanità con almeno la metà di giorni di attesa nelle liste degli esami e interventi?
Volete che si possa aprire un’impresa in un sol giorno nella vostra regione?
Volete più verde e piste ciclabili?
Questi dogmi sono anche chiamati “emigratori” in quanto si possono realizzare solo dopo un’emigrazione verso paesi più civilizzati del nostro.

Infine i dogmi “primitivi” in quanto sono stati utilizzati svariate volte dall’olocene ai giorni nostri, un po’ logori ma sempre di moda:
Volete le risse e i pollai in tv pagati con i nostri soldi?”
Volete meno burocrazia nella vostra regione?
Volete meno tasse regionali sulle famiglie?

A questo punto se proprio volessimo essere eretici e scettici fino all’osso potremmo anche mettere in dubbio che l’amore vinca sempre sull’invidia e sull’odio ma difficilmente potremmo negare che la fede vince sempre sulle bugie demenziali.



lunedì 22 marzo 2010

L'architetto di Cosa Nostra


di Ambra Murè

59 anni. Palermitano. Architetto di successo. Cattolico impegnato e stimato dalle gerarchie ecclesiastiche. Ex segretario nazionale del Movimento cristiano dei lavoratori. Uomo insospettabile in contatto con i protagonisti della politica siciliana, che riceveva telefonate e organizzava incontri addirittura col governatore Raffaele Lombardo. E’ questa la fotografia di Giuseppe Liga, arrestato all'alba dalla Guardia di Finanza di Palermo e sospettato di aver raccolto su di sé l’eredità ingombrante del boss Salvatore Lo Piccolo, finito in manette nel 2007. A lui si è arrivati grazie a intercettazioni e grazie alle dichiarazioni di diversi testimoni di giustizia. Ma l’indagine è partia ben prima. "L'architetto" compariva infatti anche in alcuni pizzini sequetrati ai Lo Piccolo.
Secondo il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, l'arresto di Liga dimostra ciò che molti ripetono da sempre, ovvero che Cosa Nostra ha appeso al chiodo coppola e lupara per dedicarsi agli affari e alla politica, in un crescente processo di finanziarizzazione.

fonte www.articolo21.org

Il nemico numero uno: i magistrati!



di Felice Lima
(Giudice del Tribunale di Catania)

da Uguali per Tutti


Ormai è una costante di questo misero Paese in cui viviamo.

Appena i magistrati scoprono qualche delinquente, subito i vertici delle più importanti istituzioni si mettono a insultare sguaiatamente … i magistrati e a difendere i delinquenti.

In sostanza, il nemico numero uno nel nostro Paese sono i magistrati.

Va in onda la tolleranza zero contro gli “sbirri”.

Non sfugge a questa ormai costante prassi l’indagine di Trani.

Contro di essa si è già detto di tutto e, fra l’altro, che sarebbero state fatte intercettazioni “a strascico” e che i magistrati avrebbero agito violando la competenza territoriale.

Forse chiarire qualche punto della questione può risultare utile.

1. Nessuno può dire se l’azione dei magistrati di Trani è stata o no corretta senza aver letto gli atti del procedimento. Le affermazioni di chi parla di irregolarità e scorrettezze senza avere letto gli atti sono irresponsabili e prive di qualunque senso e fondamento, che non sia, ovviamente, la strumentalizzazione delle proprie parole a fini“politici” (paradossi di questo Paese dove la politica è ridotta al favoreggiamento).

2. Ciò che è fino ad oggi di dominio pubblico sull’indagine di Trani non consente per nulla di affermare né che si siano fatte intercettazioni “a strascico” né che siano state violate le regole della competenza territoriale (fermo restando, ovviamente, che, quando si potranno leggere gli atti – e solo allora - si potrà dire con cognizione di causa se tutto sia stato o no regolare; allo stato, visto da fuori, tutto sembra perfettamente regolare).

3. Sulla base di ciò che si sa in questo momento dai giornali la situazione sarebbe uguale a quella che si verifica abitualmente in mille casi giudiziari dei quali il Ministro ovviamente non si interessa.

Lo schema è il seguente.

Il pubblico ministero Tizio sta intercettando il telefono di tre rapinatori della sua città (Poggiobelsito di sotto) e tramite queste intercettazioni sta acquisendo prove delle rapine che hanno commesso nella sua città.

Un giorno due dei rapinatori che intercetta, parlando fra loro, dicono una cosa tipo: “Hai saputo che Pippo e Mario hanno ammazzato Giovanni? Ma ora gliela facciamo pagare”.

Questo fa emergere elementi di prova di altri reati: l’omicidio di tale Giovanni, già consumato, avvenuto non si sa quando e non si sa dove, e l’organizzazione tuttora in corso di una vendetta contro gli assassini da compiersi non si sa come e non si sa dove.

Il pubblico ministero che ascolta queste telefonate ha il dovere di attivare immediatamente tutte le iniziative più opportune per acquisire e assicurare gli elementi di prova di quei reati e per impedire il compimento dei reati in corso di organizzazione (la vendetta).

Dunque, svolge indagini per identificare Pippo e Mario, che vengono indicati dal suo rapinatore come gli assassini di Giovanni, e attiva le intercettazioni dei loro telefoni.

Ovviamente, tali intercettazioni non possono in alcun modo essere definite “a strascico” e chi le definisce tali compie opera di grave disonestà intellettuale. Quel pubblico ministero, infatti, sta intercettando – peraltro, su autorizzazione del G.I.P. competente – persone specifiche a fini specifici e in presenza di indizi di reato specifici.

Nel corso di queste intercettazioni emergono via via elementi di giudizio che gli consentono di individuare con più precisione i termini dell’omicidio di Giovanni - se è vero che c’è stato, dove è stato commesso, da chi e perché – e della vendetta in programma – come dovrà compiersi, ad opera di chi e dove.

Appena ha acquisito e assicurato tutti gli elementi di prova che, se non acquisiti e assicurati subito, potrebbero disperdersi e appena è sicuro che sono cessate le attività criminose ancora in corso e che richiedono un monitoraggio quotidiano per essere, se possibile, interrotte, il pubblico ministero conclude la sua attività, stralcia gli atti, forma un nuovo fascicolo e lo manda alle Procure che a quel punto saranno apparse competenti (ipotizziamo, per esempio, Roma, dove si è scoperto che sarebbe avvenuto l’omicidio, e Milano, dove era stata organizzata la vendetta).

Non poteva sospendere le intercettazioni prima e non poteva trasmettere gli atti a Roma e Milano prima perché:

1. per trasmettere gli atti a Roma e Milano avrebbe dovuto sospendere le intercettazioni, che sarebbero riprese solo dopo che un p.m. di Roma e uno di Milano avessero chiesto a un G.I.P. di Roma e a uno di Milano e questi ultimi disposto nuove intercettazioni da Roma e da Milano;

2. sospendere anche solo per dieci minuti (non parliamo di un paio di giorni o una settimana) intercettazioni dalle quali stanno giungendo prove di reato significa correre il rischio di perdere per sempre ciò che verrà detto in quei dieci minuti o due giorni o una settimana; potenzialmente nulla di importante o di assolutamente decisivo (non è possibile saperlo a priori);

3. per definire con certezza questioni come il tipo di reati commessi e la competenza a occuparsene è necessario acquisire una serie di elementi e di riscontri che difficilmente emergono da una telefonata; più probabilmente da un insieme di telefonate lette in maniera coordinata fra loro.

Dunque, in sostanza, vista da fuori, l’azione dei colleghi di Trani appare di ineccepibile correttezza.

Hanno casualmente avuto indizi di gravi reati mentre indagavano su altri.

Hanno acquisito e assicurato (come imposto dal codice di procedura penale) le prove che potevano perdersi se non acquisite e assicurate tempestivamente.

Hanno, infine, delibato la loro competenza e trasmesso ad altri uffici gli atti ritenuti di competenza di quelli.

Accade migliaia di volte al giorno in mille processi, posto che oggi raramente criminali di un certo livello agiscono solo in una città (basti pensare a quante sono le città nella quale risulta avere agito la cricca coinvolta nell’inchiesta sulla Protezione Civile).

In molti casi, prima di trasmettere gli atti per competenza ad altri, si procede anche alla cattura degli indagati, se vi siano esigenze cautelari da assicurare: per esempio, se sembra che stiano per commettere altri reati o se vi è il rischio che inquinino le prove o fuggano.

Nei mille altri casi in cui tutto ciò accade ogni giorno nessuno fa dichiarazioni avventate e prive di fondamento (per la semplice ragione che non si tratta di coprire ancora Berlusconi).

Le cose vanno a buon fine.

Come ho già scritto qui in altre occasioni, decine di soloni – giornalisti, politici, purtroppo anche deputati e ministri – hanno detto una montagna di cose insulse sul caso della signora Lonardo/Mastella, ironizzando sul fatto che i magistrati di Santa Maria Capua Vetere ne avevano disposto la cattura pur sapendosi e dichiarandosi incompetenti e trasmettendo DOPO gli atti a Napoli.

Tutti i giudici dei diversi gravami, fino alla Corte di Cassazione compresa hanno confermato la correttezza e legittimità dei provvedimenti dei magistrati di Santa Maria Capua Vetere e la signora Lonardo/Mastella è stata rinviata a giudizio.

E tuttavia ancora continuiamo a sentire citare il caso Lonardo/Mastella come esempio di atto illegittimo della magistratura.

Abbiamo subìto ogni genere di insulto e piagnisteo per la cattura del Presidente della Regione Abruzzi Ottaviano Del Turco e anche in quel caso la condotta dei magistrati è risultata pienamente legittima e Del Turco va a giudizio.

Infine, sembra evidente che, ove mai i magistrati di Trani avessero agito scorrettamente, saranno spazzati via dalla magistratura entro poche ore, come già accaduto anche a magistrati che avevano agito in maniera pienamente legittima: fra i tanti esempi, i colleghi De Magistris, Apicella, Nuzzi, Verasani e Forleo.

In questi tempi le c.d. istituzioni sono tendenzialmente solidali con i delinquenti e tendenzialmente ostili ai magistrati.

Capita quando, come dicono le relazioni delle varie commissioni antimafia, la criminalità si fa talmente forte da infiltrarsi massicciamente nelle strutture del potere economico e politico.

Da essere, insomma, non più in campagna come un tempo, ma in borsa e in Parlamento.

Fra le mille vicende citabili in proposito, bastino (per limitarsi alla stretta attualità) quella del senatore Di Girolamo, al quale un capomafia dice “Nicò devi obbedire sei il mio schiavo” e quella del vicepresidente della Regione Puglia che, stando a quanto emerge dai giornali di oggi, prendeva una sorta di stipendio dallo stesso corruttore che mandava prostitute a casa del Presidente del Consiglio (ma Berlusconi dice che non sapeva che erano pagate. Credeva che fosse amore. Mentre il suo avvocato dice che lui era solo - sic! -“l’utilizzatore finale“).

Cose del genere nel Burkina Faso produrrebbero le dimissioni di tre quarti della classe dirigente del paese.

In Italia producono un’aggressione sempre più volgare e isterica ai magistrati e, possibilmente, la loro cacciata.

E’ il segno di quanto grave è la nostra malattia.

Oggi come oggi fare paragoni con i regimi sudamericani di un tempo risulta offensivo dei sudamericani.

In nessun paese non dico civile, ma decente, i magistrati vengono insultati da uomini con incarichi istituzionali e di governo e per di più anche dal Ministro della Giustizia senza un fondamento e “a prescindere”.

Ieri si è avuto anche dell’umorismo involontario ad opera di tal Capezzone, che, a proposito dell’arresto del vicepresidente della Puglia ha dichiarato: “Noi siamo diversi dalla sinistra, e non esultiamo mai per le manette, neanche nel caso di Frisullo”.

Traduzione: noi non stiamo mai dalla parte della giustizia, neppure quando arresta i nostri avversari politici. Perché per noi i giudici sono più nemici di qualunque nemico. Noi siamo proprio contro la giustizia e basta. A prescindere.

Anni fa cose del genere si sentivano dire solo ai più irriducibili padrini. Ora le sentiamo dire a gente che sta al governo.

Questo dovrebbe fare riflettere molto.